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Il futuro della competitività aziendale

Accendi il potenziale ESG della tua PMI

ESG*: sarà un concetto cruciale per orientare le strategie aziendali del prossimo futuro. Il 2025 si prospetta come un anno determinante per le piccole e medie imprese, che avranno l’opportunità di integrare i principi ESG nelle proprie attività, conquistando un vantaggio competitivo rispetto a realtà più lente ad adattarsi.

Le normative sempre più stringenti in tema di sostenibilità impongono alle aziende di dimostrare trasparenza e progressi tangibili attraverso report dettagliati e verificabili. In questo contesto, il reporting ESG diventa un pilastro fondamentale per rafforzare la fiducia e consolidare le relazioni con tutti gli stakeholder.

*ESG (Environmental, Social, Governance) è un approccio che valuta le pratiche aziendali in termini di sostenibilità ambientale, responsabilità sociale e governance etica.

(Consulta le nostre FAQ in fondo alla pagina)

Perché adesso?

Adeguarsi alla CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) non è solo una questione di conformità normativa, ma una necessità per proteggere e rafforzare il ruolo della tua impresa nella filiera. I clienti business, sempre più attenti ai criteri ESG, potrebbero escludere fornitori che non soddisfano standard di sostenibilità. Ignorare questi requisiti significa rischiare di essere tagliati fuori dai mercati strategici.

Ma c’è di più: cogliere questa sfida significa trasformarla in un’opportunità per creare valore a lungo termine e differenziarsi dalla concorrenza. Le aziende che integrano i fattori ESG ottengono vantaggi concreti:

ESG:
la chiave per la competitività delle PMI

La sostenibilità non è più un’opzione, ma una strategia vincente. I criteri ESG (ambientali, sociali e di governance) rappresentano oggi un requisito fondamentale per il successo aziendale. Per le PMI, integrarli significa crescere, attrarre capitali e distinguersi in un mercato sempre più attento all’ambiente e alla responsabilità sociale. Il sole invernale splende attraverso la finestra, riscaldando l'angolo dell'anima.

Con la Direttiva CSRD e l’obbligo di rendicontazione ESG per migliaia di imprese dal 2025, anche le PMI non direttamente coinvolte devono adeguarsi per rimanere competitive. Non essere sostenibili vuol dire rischiare di perdere opportunità, clienti e investitori.

Adottare pratiche ESG non è solo conformità normativa, ma un investimento strategico per costruire un futuro solido e prospero.
Le PMI sostenibili non seguono il cambiamento, lo guidano.

Digitale e AI:
il futuro del Reporting di Sostenibilità

Il reporting di sostenibilità non è solo un obbligo normativo, ma una leva strategica per migliorare efficienza, trasparenza e competitività dell’impresa. Per le PMI, strumenti digitali avanzati e l’intelligenza artificiale (AI) rappresentano una svolta nel modo di raccogliere, analizzare e comunicare i dati ESG.

Con l’aumento delle aspettative su trasparenza e accuratezza, il digitale diventa indispensabile per il successo del reporting. Strumenti innovativi semplificano la conformità normativa e migliorano la qualità delle comunicazioni, trasformando il reporting ESG in un’opportunità per crescere, rafforzare la reputazione e costruire fiducia.

Digitalizzare il reporting significa non solo rispondere alle sfide del presente, ma prepararsi a cogliere le opportunità del futuro.

Quali imprese sono coinvolte?

Aziende interessate
dalla CSRD

Reporting obbligatorio:

Reporting volontario:

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile

La guida di riferimento per lo sviluppo sostenibile

Gli SDGs, o obiettivi di sviluppo sostenibile, chiamati anche Agenda 2030, ci toccano da vicino e sono di tutti.

Sono stati pensati per indirizzare le azioni concrete di società civile, governi, imprese e possono quindi ispirare i progetti che un’azienda intraprende per diventare più responsabile e allineata con i cambiamenti in atto.

Come prepararsi?

é arrivato il PMI Smart Kit

L’obiettivo

Aiutare micro e piccole imprese ad affrontare le richieste di sostenibilità da parte di banche, clienti, fornitori e a restare al passo
con le richieste di mercato e filiere.

I servizi

  • Sustainability Manager
  • ESG Smart Assessment
  • Smart Assessment green e social washing
  • Formazione ESG
  • Accompagnamento ai questionari ESG
  • Roadmap sostenibilità con  identificazione elementi rilevanti per il reporting di sostenibilità

Il costo

Accessibile e predefinito per la consulenza qualificata di un sustainability manager e di un team interdisciplinare.

Come prepararsi?

la cassetta degli attrezzi della sostenibilità

Qui troverai quello che serve alla tua impresa per muovere i primi passi nella sostenibilità e rispondere alle sfide di un mercato in continua evoluzione.

Ogni strumento è stato pensato per essere a portata di PMI, con l’obiettivo di aiutarti a migliorare le performance ambientali, sociali e di governance della tua azienda.


Sustainability Manager on demand

Supporto di un sustanability manager
per la raccolta e il monitoraggio dei dati
e la consulenza ESG
a 360 gradi.

 BASIC


ESG Digital Twin

Attivazione del profilo
aziendale sulla piattaforma ESGMax e predisposizione
alla raccolta dati.

 BASIC


ESRS Gap Analisys

Check-up dell’azienda e identificazione elementi rilevanti per il reporting di sostenibilità conforme alla CSRD.

BASIC


Formazione ESG

2 sessioni da 4 ore in
presenza per palare la
stessa lingua dei tuoi stakeholder,

 BASIC


Roadmap ESG

piano d’azione della
sostenibilità, con temi rilevanti (materiali), mappatura
stakeholder, tempi e priorità

 BASIC


Redazione del
reporting di
sostenibilità

Misurazione delle aree
di impatto negli ambiti ESG e redazione del bilancio

PREMIUM


Mappature rischi "greenwashing"

Analisi della comunicazione
aziendale e degli elementi
critici rispetto alla comunicazione di
sostenibilità.

BASIC


Guida ESRS
Volontari (pdf)

Manuale pratico per muoversi nel panorama
della normativa CSRD

 BASIC

Come funziona?

La nostra
metodologia Lab

Primo check-up dell'azienda

Realizziamo un primo check-up dell'azienda finalizzato a muovere i primi passi per integrare i principi della sostenibilità e acquisire know-how sufficiente per valutare i passi successivi.

Un team interdisciplinare

Lavoriamo con un team interdisciplinare che individua e valorizza gli aspetti di sostenibilità che già sono presenti nell’ azienda in modo destrutturato.

Sostenibilità aziendale

Abbiamo competenze in sostenibilità, business, innovazione, comunicazione che ci permettono di avere un approccio olistico e creativo alla sostenibilità aziendale.

La soluzione con il tuo passo

TIMELINE
di tre mesi

Dal piano all’azione, un viaggio di evoluzione costante

Entra nella transizione ESG

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Compila il form per essere ricontattato.
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    Dietro ogni impresa di successo c'è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa.
    Peter Ferdinand Drucker

    FAQ

    Le nostre risposte alle domande più frequenti sull'ESG!

    L’acronimo ESG (Environmental, Social and Governance) è utilizzato per indicare le tre aree di impegno in cui si esprime e si misura la sostenibilità aziendale: l’ambiente, che comporta azioni per il miglioramento dell’impronta ecologica e il contributo al contrasto del cambiamento climatico; la sfera sociale, che riguarda come l’azienda si relaziona con i dipendenti, le politiche di inclusione e il suo ruolo nel territorio in cui opera, i clienti; il governo della società, quindi tutto ciò che riguarda i principi, l’etica, la trasparenza, la correttezza e business model adottati nella gestione dei propri affari.

    L’attenzione verso i criteri ESG è cresciuta negli ultimi anni, poiché sempre più aziende riconoscono l’importanza di considerare non solo gli aspetti finanziari, ma anche quelli sociali e ambientali nella gestione aziendale.

    Per transizione ESG si intende l’evoluzione delle imprese verso un modello aziendale che si ispira allo sviluppo sostenibile e persegue nelle proprie strategie anche obiettivi di tipo ambientale, sociale e di governance atti a garantire la sostenibilità dell’impresa in tutte le sue forme. Possiamo considerarlo un processo di cambiamento a livello globale, particolarmente sentito a livello europeo, che ispira le politiche comunitarie e governative.

    Sulla base di indicatori ESG le aziende vengono oggi valutate anche da investitori e banche, così come da clienti e fornitori. Molte aziende già sensibili da tempo sotto questi aspetti monitorano le proprie performance presentando periodicamente dei bilanci di sostenibilità, in cui danno conto pubblicamente dei propri obiettivi, dei propri sforzi e dei risultati raggiunti. Ora, con la transizione ESG diventata così importante, sempre più aziende saranno obbligate a dimostrare la propria sostenibilità attraverso un reporting non finanziario. Intere filiere dovranno adattarsi a farlo, è il momento migliore per cominciare e portarsi avanti.

    Gli indicatori ESG sono una serie di criteri, di parametri, destinati a fornire dati specifici che permettono di misurare le prestazioni dell’azienda nelle dimensioni ambientale, sociale e di governance. In particolare:

    1. Ambientale (Environmental): gli indicatori ambientali possono includere le emissioni di gas serra, l’uso sostenibile delle risorse naturali, la gestione dei rifiuti, e altre pratiche che influenzano l’impatto ambientale.
    2. Sociale (Social): gli indicatori sociali possono includere politiche e dati di occupazione, diritti dei lavoratori, diversità e inclusione, iniziative per la comunità e di responsabilità sociale d’impresa.
    3. Di governance (Governance): gli indicatori di governance possono includere le policy per la trasparenza, l’etica aziendale, la qualità della leadership, la gestione dei rischi e la conformità normativa.

    Gli indicatori servono per misurare la performance di un’azienda in ambito economico, ambientale, sociale e di governance.

    Gli indicatori, per essere credibili, devono essere significativi, fornire dati oggettivi, verificabili, misurabili e anche confrontabili. Per questo la comunità internazionale si sta orientando verso la standardizzazione di indicatori, che possano essere uno strumento utile e già predefinito per tutte le aziende. Ci sono diversi standard in uso al momento, il più accreditato è il GRI, o Global Reporting Initiative, una serie di linee guida e di circa 70 indicatori per il reporting sulla sostenibilità.

    Anche diverse certificazioni forniscono indicatori ESG: la ISO 14031, per esempio, fornisce i KPI – Key performance indicators che consentono alle aziende di valutare, misurare e comunicare le proprie prestazioni ambientali.

    La ISO 14040 e seguenti è invece alla base di un’altra metodologia oggi molto utilizzata: la LCA, o valutazione del ciclo di vita, aiuta a stimare gli impatti ambientali di beni e servizi nel corso dell’intero ciclo di vita del prodotto, dall’estrazione delle materie prime al fine vita.

    Il rating ESG (Environmental, Social, Governance) è una valutazione numerica o una classificazione che misura le prestazioni di un’azienda o un’organizzazione nei settori ambientale, sociale e di governance, secondo gli indicatori ESG. Questi rating sono spesso utilizzati dagli investitori, dalle agenzie di rating, e dalle organizzazioni stesse per valutare e comunicare la sostenibilità e la responsabilità sociale d’impresa.

    Il processo di calcolo del rating ESG può variare tra diverse agenzie e provider di rating, ma in generale coinvolge la raccolta di dati su una serie di indicatori ESG e la successiva assegnazione di punteggi o classificazioni.

    È importante notare che esistono diverse agenzie e provider di rating ESG, e ognuno di essi può utilizzare metodologie leggermente diverse.

    Un elevato rating ESG è oggi un indice di grande etica aziendale, un elemento di competitività aziendale anche in ottica di internazionalizzazione, un fattore di attrazione di nuovi collaboratori.

    Oggi, la realizzazione degli obiettivi finanziari non basta più per considerare un’azienda competitiva e con una prospettiva di crescita: le aziende sono considerate forti e promettenti se operano nel rispetto dell’ambiente, delle persone, dei principi di sviluppo sostenibile.

    E’ una questione di primaria importanza per tutto il mondo finanziario e per le stesse banche che operano anche sconti e condizioni di favore alle aziende più pronte in ambito sostenibilità.

    E’ altrettanto importante nell’ambito delle filiere, si parla infatti di filiere sostenibili: la responsabilità sui temi ESG di un’azienda non si ferma ai cancelli dell’azienda stessa, ma deve riguardare anche i propri fornitori.

    I questionari sono un uno strumento di audit: attraverso una sedie di domande specifiche riguardanti le tre dimensioni ESG il richiedente (banca o fornitore) si accerta e ottiene una comunicazione, una fotografia, sul livello di sostenibilità dell’azienda sottoposta al questionario.

    Se la tua azienda ha ricevuto questo tipo di richieste significa che, chi te lo ha richiesto, è già entrato nel meccanismo di rating ESG o di reporting di sostenibilità.

    Non bisogna sottovalutare l’importanza dei questionari.

    Il processo di calcolo del rating ESG può variare tra diverse agenzie e provider di rating, ma in generale coinvolge la raccolta di dati su una serie di indicatori ESG e la successiva assegnazione di punteggi o classificazioni.

    È importante notare che esistono diverse agenzie e provider di rating ESG, e ognuno di essi può utilizzare metodologie leggermente diverse.

    Un elevato rating ESG è oggi un indice di grande etica aziendale, un elemento di competitività aziendale anche in ottica di internazionalizzazione, un fattore di attrazione di nuovi collaboratori.

    Il questionario ESG consiste in una serie di domande generalmente suddivise in una parte anagrafica seguita dalle domande specifiche sulle tre dimensioni ESG. Non vi è uno standard unico, ogni realtà che intende sottoporre al proprio cliente o fornitore un questionario lo struttura in base alle proprie esigenze.

    Non sempre i dati che servono per rispondere alle domande sono immediatamente disponibili per l’azienda, soprattutto se non si è già impostato un percorso di sostenibilità. E non sempre le domande richieste sono facili da intendere. E’ consigliabile approfondire meglio l’argomento con esperti del settore e farsi guidare nel primo approccio ai questionari per evitare errori banali.

    L’obbligo di redigere il bilancio di sostenibilità è stato introdotto con la direttiva NFRD e la direttiva CSRD che giocano un ruolo chiave in questo contesto.

    La Non-Financial Reporting Directive (NFRD), adottata a livello europeo nel 2014 e recepita in Italia con il D.Lgs. n. 254/2016 due anni dopo, ha introdotto l’obbligo per circa 11.000 imprese europee di elaborare un report sulla sostenibilità.

    Successivamente, la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) ha delineato il quadro attuale per il bilancio di sostenibilità obbligatorio.

    Al momento, sono obbligate alla rendicontazione di sostenibilità solo le società quotate e gli enti pubblici. Questo obbligo sarà progressivamente esteso ad una quota più ampia di aziende europee e italiane, circa 50mila società saranno obbligate. A livello nazionale, dal 1° gennaio 2026 l’obbligatorietà scatterà per le imprese con:

    • oltre 50 milioni di euro di fatturato;
    • più di 250 dipendenti;
    • bilancio annuo di almeno 43 milioni.

    Sono molte però le aziende che scelgono volontariamente di redigere il report di sostenibilità pur non essendo tenute per legge. La ragione è semplice: produrre questo documento permette di presentare a partner e stakeholder una rendicontazione puntuale del proprio impegno in ambito sociale e ambientale.

    Spesso chiamato bilancio di sostenibilità, questo documento è redatto dall’azienda per comunicare a tutti i suoi stakeholder non le performance finanziarie (quelle che vanno nel bilancio economico), ma le proprie attività a favore della sostenibilità e i risultati raggiunti in questa direzione.

    Le informazioni contenute in un bilancio di sostenibilità riguardano diversi aspetti, riconducibili a tre aree:

    – ambiente: le pratiche aziendali in relazione alle risorse naturali, alle emissioni di gas serra, al consumo di energia, alla gestione dei rifiuti e ad altri aspetti ambientali;

    – sociale: l’impatto dell’azienda sulle persone, inclusi dipendenti, comunità locali, clienti e altre parti interessate. Questo può includere questioni come la diversità e l’inclusione, la parità di genere, la sicurezza sul lavoro, la responsabilità sociale d’impresa e l’impegno nella comunità;

    – governance: la struttura di gestione, le pratiche etiche, la trasparenza e la responsabilità nei confronti degli azionisti e degli altri stakeholder.

    La redazione di un bilancio di sostenibilità è spesso guidata da linee guida e standard internazionali, come il Global Reporting Initiative (GRI) o l’International Integrated Reporting Council (IIRC). Questi strumenti forniscono un quadro per la raccolta, la presentazione e la verifica delle informazioni legate alla sostenibilità.

    L’obiettivo principale di un bilancio di sostenibilità è quello di comunicare in modo trasparente e accurato gli impatti sociali e ambientali di un’organizzazione, consentendo a investitori, consumatori e altre parti interessate di valutare la performance aziendale in termini di sostenibilità e responsabilità sociale.

    Contenuto della fisarmLa CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) è una direttiva dell’Unione Europea che obbliga un numero maggiore di aziende a fornire informazioni dettagliate e standardizzate sulle loro performance di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG). Introdotta per sostituire e ampliare la precedente direttiva NFRD (Non-Financial Reporting Directive), la CSRD richiede che i report siano (almeno in parte) verificati da terze parti e conformi ai European Sustainability Reporting Standards (ESRS), promuovendo trasparenza e responsabilità verso gli stakeholder.

    La CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) amplia significativamente il numero di aziende obbligate a presentare report di sostenibilità rispetto alla precedente NFRD. Le aziende interessate sono:

    1. Grandi aziende UE: tutte le aziende che soddisfano almeno due dei seguenti criteri:

      • Più di 250 dipendenti.
      • Fatturato annuo superiore a 40 milioni di euro.
      • Attivo di bilancio superiore a 20 milioni di euro.
    2. PMI quotate: le piccole e medie imprese quotate nei mercati regolamentati, con alcune esenzioni temporanee e semplificazioni per il reporting.

    3. Filiali di aziende extra-UE: aziende non europee con filiali o operazioni significative nell’UE che generano un fatturato netto superiore a 150 milioni di euro all’interno dell’Unione e con almeno una filiale o succursale qualificata.

    4. Entità di interesse pubblico: inclusi enti come istituzioni finanziarie e assicurazioni.

    Le prime aziende coinvolte saranno le grandi imprese già soggette alla NFRD, a partire dall’anno fiscale 2024, con un’implementazione graduale per altre categorie fino al 2028.

     

    Gli obblighi ESG (Environmental, Social, Governance) riguardano praticamente tutti i settori industriali, ma l’impatto varia in base al grado di esposizione ai rischi ambientali, sociali e di governance. Alcuni settori sono particolarmente interessati:

    1. Energia e Utility

    • Produzione di energia elettrica, gas e acqua.
    • Settori ad alta intensità di carbonio, come petrolio e gas.
    • Focus su riduzione delle emissioni, energie rinnovabili e gestione delle risorse.

    2. Trasporti e Logistica

    • Compagnie aeree, trasporti marittimi, ferroviari e terrestri.
    • Obblighi su riduzione delle emissioni di CO₂, ottimizzazione dei consumi e sicurezza del lavoro.

    3. Manifatturiero e Industria Pesante

    • Acciaierie, chimica, cemento, automotive.
    • Impegni legati alla decarbonizzazione, efficienza energetica e gestione dei rifiuti industriali.

    4. Settore Finanziario

    • Banche, assicurazioni, società di gestione patrimoniale.
    • Obbligo di integrare i fattori ESG nella valutazione del rischio e nelle politiche di investimento.

    5. Tecnologia e Comunicazione

    • Produzione di dispositivi elettronici e gestione delle telecomunicazioni.
    • Focus su pratiche di approvvigionamento etico, gestione dei rifiuti elettronici e inclusione digitale.

    6. Agroalimentare e Settore Primario

    • Agricoltura, pesca e industria alimentare.
    • Obblighi relativi a uso sostenibile delle risorse, protezione della biodiversità e gestione della catena di approvvigionamento.

    7. Real Estate e Costruzioni

    • Settori interessati da obblighi sulla costruzione di edifici sostenibili, gestione energetica e riduzione delle emissioni.

    8. Moda e Lusso

    • Focus su approvvigionamento etico, riduzione degli impatti ambientali nella produzione e promozione di pratiche circolari.

    9. Salute e Farmaceutica

    • Settore farmaceutico e sanitario.
    • Impegni relativi a equità di accesso ai trattamenti, gestione dei rifiuti e produzione sostenibile.

    10. Turismo e Ospitalità

    • Alberghi, resort e operatori turistici.
    • Attenzione a gestione delle risorse idriche, riduzione dei rifiuti e promozione di un turismo sostenibile.

    In generale, qualsiasi azienda che intenda operare in mercati regolamentati o collaborare con stakeholder globali deve considerare i requisiti ESG, poiché la conformità è diventata sempre più un prerequisito per la competitività.

     

    In azienda, le questioni di sostenibilità o ESG (Environmental, Social, Governance) sono gestite da figure professionali dedicate o da team interfunzionali. Ecco alcune delle principali posizioni coinvolte:

    1. Chief Sustainability Officer (CSO)

    • Figura di alto livello responsabile di sviluppare e implementare la strategia ESG e di sostenibilità dell’azienda.
    • Coordina le attività tra i vari dipartimenti e riferisce al CEO o al consiglio di amministrazione.

    2. ESG Manager

    • Supervisiona l’implementazione pratica dei progetti ESG.
    • Cura il reporting ESG, l’analisi dei dati e la conformità alle normative.

    3. Sustainability Specialist

    • Supporta il CSO o l’ESG Manager su specifici progetti di sostenibilità.
    • Si concentra su iniziative operative come riduzione delle emissioni, gestione delle risorse e coinvolgimento della supply chain.

    4. Risk Manager

    • Valuta i rischi legati ai fattori ESG, come impatti climatici, conformità normativa e rischi sociali.
    • Integra i criteri ESG nella gestione del rischio aziendale.

    5. Compliance Officer

    • Garantisce il rispetto delle normative ESG e della sostenibilità.
    • Monitora i cambiamenti normativi, come la CSRD, e coordina le verifiche esterne.

    6. HR Manager (per l’aspetto sociale)

    • Gestisce le politiche di diversità, inclusione, equità e benessere dei dipendenti.
    • Promuove iniziative sociali all’interno e all’esterno dell’azienda.

    7. Supply Chain Manager

    • Monitora le pratiche di sostenibilità dei fornitori e implementa politiche di approvvigionamento responsabile.
    • Si occupa di ridurre l’impatto ambientale della catena di fornitura.

    8. Environmental Analyst

    • Si concentra sugli aspetti ambientali, come riduzione delle emissioni, gestione dei rifiuti e ottimizzazione delle risorse energetiche.
    • Realizza analisi tecniche e propone soluzioni pratiche.

    9. Investor Relations Specialist

    • Comunica con gli investitori sui progressi e gli impegni ESG.
    • Redige relazioni periodiche per soddisfare le aspettative dei finanziatori interessati a investimenti sostenibili.

    10. Internal Auditor (per ESG Reporting)

    • Verifica l’accuratezza e la trasparenza dei dati ESG riportati.
    • Lavora a stretto contatto con team interni ed enti di certificazione esterni.

    11. Marketing e Comunicazione (CSR Specialist)

    • Gestisce la comunicazione delle iniziative ESG al pubblico e agli stakeholder.
    • Cura campagne e strategie per valorizzare l’impegno aziendale verso la sostenibilità.

    12. Consulenti Esterni

    • In assenza di competenze interne, molte aziende si affidano a consulenti ESG per sviluppare strategie, garantire conformità normativa e redigere report di sostenibilità.

    Queste figure possono operare singolarmente nelle PMI o in team strutturati nelle grandi aziende, spesso collaborando tra loro per integrare i principi ESG in tutte le funzioni aziendali.

    Nelle PMI meno strutturate queste figure non sono sempre presenti e possono costituire un investimento troppo oneroso. Il nostro consiglio è aggiornare le competenze ESG di alcune figure aziendali ritenute adeguate e rivolgersi a consulenti esterni per le attività più specifiche o progetti specifici.

    The Good in Town, per esempio, mette a disposizione delle aziende un Sustainability Manager on-demand, per il tempo necessario e a supporto della squadra interna.

    L’ESG Manager è il professionista responsabile di integrare i principi di sostenibilità ambientale, sociale e di governance nelle strategie e nelle operazioni di un’azienda. Questo ruolo richiede un approccio strategico per garantire che l’organizzazione rispetti le normative ESG in vigore e soddisfi le aspettative degli stakeholder, come investitori, clienti e partner commerciali.

    Tra le sue attività principali, l’ESG Manager sviluppa e implementa una strategia aziendale focalizzata sulla sostenibilità, assicurandosi che sia allineata agli obiettivi di crescita e competitività dell’azienda. Si occupa della raccolta e dell’analisi di dati per valutare le prestazioni ESG, redige report conformi a standard internazionali e si interfaccia con auditor esterni per verificare la trasparenza e l’affidabilità delle informazioni. Inoltre, monitora costantemente l’evoluzione delle normative in materia di sostenibilità, aggiornando le politiche aziendali per garantire la piena conformità.

    Un’altra area chiave del suo lavoro è il coinvolgimento degli stakeholder, che include la comunicazione dei risultati ESG, la gestione delle relazioni con investitori interessati a criteri di sostenibilità e la promozione di una cultura aziendale orientata alla responsabilità sociale. L’ESG Manager collabora con diversi reparti interni, come risorse umane, supply chain e marketing, per integrare i principi ESG in tutte le attività operative dell’azienda. In definitiva, questa figura non solo guida il cambiamento verso pratiche più sostenibili, ma contribuisce anche a posizionare l’organizzazione come leader responsabile e innovativo nel proprio settore.

    Il Sustainability Manager è il professionista che si occupa di promuovere e implementare pratiche sostenibili all’interno di un’azienda, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale, migliorare le condizioni sociali e ottimizzare l’uso delle risorse. Il suo lavoro è strettamente legato alle operazioni quotidiane dell’organizzazione, dove identifica opportunità per rendere i processi più efficienti e responsabili, contribuendo al contempo a costruire una reputazione positiva per l’azienda.

    Questo ruolo comporta lo sviluppo di iniziative concrete, come la riduzione delle emissioni di carbonio, la gestione sostenibile dei rifiuti e l’adozione di fonti di energia rinnovabile. Il Sustainability Manager lavora a stretto contatto con diversi reparti aziendali, tra cui produzione, logistica e supply chain, per integrare principi di sostenibilità nei processi operativi e nella scelta dei fornitori. Inoltre, è responsabile di sensibilizzare i dipendenti sull’importanza della sostenibilità attraverso programmi di formazione e campagne interne.

    Un altro aspetto cruciale del suo lavoro è il monitoraggio e la misurazione dei progressi, utilizzando strumenti e metriche per valutare l’efficacia delle iniziative sostenibili. Questi dati vengono utilizzati per definire nuovi obiettivi e per comunicare i risultati a stakeholder interni ed esterni, come dirigenti, comunità locali e partner commerciali. In definitiva, il Sustainability Manager contribuisce a trasformare la visione di sostenibilità dell’azienda in azioni concrete, garantendo al contempo un impatto positivo sia sul business che sull’ambiente.

    Chi Siamo

    Siamo una Società Benefit, una forma d’impresa che persegue un doppio scopo, la crescita economica e le finalità di beneficio comune.

    Le imprese sono per noi motore di cambiamento per una società equa e inclusiva a favore nostro e delle future generazioni.

    Le aiutiamo ad affrontare la complessità con soluzioni semplici per una crescita equilibrata e duratura nel tempo, grazie a un team interdisciplinare che valorizza il buono che c’è e guida lo sviluppo e la crescita sostenibili.

    info@thegoodintownlab.it

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